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This post has been translated in english by Alexandra Korey on her blog Art Trav — The Marble Quarries of Versilia: Cervaiole and the Fondazione Henraux

Stabilimento Henraux a Querceta

“È una passione e non una professione” è una delle prime cose che ci dicono appena arrivati nello stabilimento di Querceta, mentre ammiriamo la sagoma in marmo di un portale in stile moresco alto quanto la palazzina a tre piani che ospita gli uffici della Henraux. In effetti per creare i pezzi che vediamo in giro non basta la professionalità.

L’azienda è nata nel 1821: Jean Baptiste Henraux era arrivato in queste terre al seguito dell’esercito napoleonico, per reperire i marmi che sarebbero serviti a decorare l’Impero – in larga parte sarebbero diventati busti di Napoleone stesso o dei suoi familiari. Dissolto l’impero Jean-Baptiste, che aveva intuito le potenzialità di queste montagne ancora poco sfruttate se comparate con il bacino di Carrara, trasformò il suo vecchio lavoro in un’impresa privata:  traghettando il settore del marmo nella modernità Henraux legò in modo indissolubile il suo nome al territorio della Versilia. Ancora oggi la società possiede i diritti sull’intero Monte Altissimo: una massa composta interamente di marmo che fa da cornice alle celebri spiagge della costa.
Lo staff della Henraux ci ha concesso di visitare lo stabilimento dove viene lavorato il marmo: passeggiamo tra capitelli decorati, intarsi e sculture e osserviamo come uomini e macchine interagiscono per dare forma a quello che è considerato “l’oro delle Apuane”.

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La nuova fondazione Henraux, costituita nel 2011, ha come obiettivo la nascita di un polo culturale dedicato al marmo: come già negli anni ’60 quando qui operavano artisti del calibro di Pomodoro, Arp e Moore, la nuova proprietà ha deciso di aprire le sue porte ad artisti che vogliano operare all’interno del proprio impianto, ma anche a studenti. Inoltre tra breve alcuni locali storici saranno adibiti a museo: nel frattempo è stato inaugurato il premio Henraux per gli artisti under 40 e sono state create varie iniziative per valorizzare le cave: ad esempio nel 2012 alcuni artisti sono stati invitati a lavorare direttamente alla cava delle Cervaiole, ed è proprio lì che siamo dirette. La cava in questione è una delle poche ancora attive delle circa 70 originali, ma anche se qui il lavoro non si ferma mai in alcuni casi è possibile chiedere di visitare il luogo.

Cava delle Cervaiole

Per raggiungere le cave lasciamo la costa per dirigerci verso Seravezza: se avete tempo presso il Palazzo Mediceo potete visitare il  Museo delle Tradizioni Popolari della Versilia Storica che comprende un’ampia sezione sull’industria del marmo. Da qui occorre salire ancora, verso il versante meridionale della montagna, al picco di Falcovaia.

Michelangelo arrivò in quest’area nel 1518: i Medici avevano ottenuto la proprietà del Monte Altissimo e gli ordinarono di estrarre dalle cave locali il marmo necessario per la facciata di San Lorenzo a Firenze. La facciata non si realizzerà mai, e dopo tre anni e mezzo segnati da un rapporto complicato con il territorio e i suoi abitanti, Michelangelo abbandona la Versilia. Ma in questo breve tempo il Buonarroti ha lasciato il segno su quel territorio così difficile da domare: rischiando la sua vita e quella dei suoi uomini la montagna che egli stesso nelle sue lettere definiva “aspra” è stata infine “domata”; la strada che conduce a valle è terminata e i blocchi possono ora arrivare sulla costa per essere imbarcati al piccolo porto locale – a breve sarà battezzato Forte dei Marmi – per poi essere spediti a Firenze via nave e risalendo il corso dell’Arno.
Il paesaggio sarà segnato per sempre: ancora oggi le scie bianche dei ravaneti – le discese dove si accumulano i detriti di marmo – sono un elemento distintivo della Versilia, visibili anche dalla costa, come le pareti bianche che si aprono all’improvviso tra il verde della montagna.

Cava delle Cervaiole

C’è qualcosa di speciale in Versilia, che lega le persone alla pietra e al territorio: non è un caso che si parli di “coltivazione” e non di estrazione del marmo, quasi a voler sottolineare il ruolo dell’uomo. Perché in effetti il marmo è soprattutto – ancora oggi, nonostante la tecnologia – una storia di uomini, di fatica, di sacrifici e di passione. Te ne accorgi già mentre in macchina percorri la stretta via che porta alle cava: oggi è asfaltata, ma percorrerla non è comunque uno scherzo. Senza contare che se sulla costa ci siamo lasciate alle spalle un tempo primaverile, qui a 1300 metri di altezza troviamo almeno 10 cm di neve che non vuole sciogliersi. Fa una certa impressione pensare che una volta i blocchi erano trascinati a valle lungo le vecchie vie di lizza, facendo scivolare i blocchi su tronchi di legno.

628In vetta ci accoglie Franco, la nostra guida: ha lavorato in cava fino dagli anni ’50 e ne conosce tutti gli aspetti. Ci racconta di quando chi lavorava qui in pratica ci viveva anche: dormitori e mensa – in parte ancora attivi – permettevano ai cavatori di stare qui per giorni.
Tanti i personaggi famosi che ha incontrato alla cava delle Cervaiole: ci racconta che Henry Moore saliva fino a qui per scegliere il suo marmo, e si fermava a mangiare con i cavatori; per l’occasione Franco in persona provvedeva a procurare all’artista una specialità locale: la ricotta che i pastori di queste montagne avvolgono nelle foglie di faggio.

Mentre ci accompagna per le ripide strade della cava la nostra guida ci ripete che questo lavoro si fa per passione: ci spiega che sì, Michelangelo e l’Ammannati hanno tratto capolavori da questa materia prima “ma il primo colpo al marmo l’abbiamo dato noi!”. Ci guardiamo intorno, alziamo lo sguardo verso le pareti di marmo che ci sovrastano – quest’area della cava è chiamata “la cattedrale” e in effetti ha le dimensioni di una chiesa gotica – e non è difficile capire il perché di tanto orgoglio.  Nonostante la tecnologia e le condizioni di sicurezza odierne questo resta uno dei mestieri più duri al mondo: da un ambiente così inospitale escono oggetti di rara bellezza e leggerezza, non è possibile restare impassibili pensando al risultato di tanta fatica. Ad esempio da qui arrivano i marmi della facciata del Duomo di Firenze, e quelli usati per gli interni Chiesa di S. Isacco a San Pietroburgo – ancora oggi l’area delle Cervaiole da dove proviene quel marmo si chiama “cava Russia”.

Cava delle Cervaiole

Qualunque sia la propria opinione riguardo alla coltivazione del marmo – sono note le critiche degli ambientalisti – non è possibile visitare questi luoghi senza provare una certa ammirazione. I paesaggi lunari delle cave immersi nel verde delle montagne, dove qua e là spuntano macchinari che tagliano la pietra come fosse burro, ci ricordano  al tempo stesso la potenza della natura e la capacità dell’uomo di modellare il territorio. Le cave del Monte Altissimo sono inserite in un paesaggio unico, parte del Parco delle Apuane: soprattutto nel caso delle cave non più attive si può raggiungere questi luoghi anche a piedi grazie a sentieri esistenti per un percorso di trekking un po’ originale.
L’iniziativa di apertura verso l’esterno della Henraux, oltre ad essere un’operazione di grande valore storico e artistico, è anche un primo tentativo di dialogo che potrebbe permettere finalmente di riflettere con serenità sulle prospettive di riqualificazione di un’area con necessità specifiche: le cave sono una risorsa economica per un’industria che è tra i simboli del made in Italy, ma al tempo stesso è anche un’opportunità per raccontare le Apuane e le sue comunità da un punto di vista diverso: e probabilmente sono molti i viaggiatori desiderosi di ascoltare le storie che provengono da questa meravigliosa striscia di terra incastonata tra cielo e mare.

Info e dettagli

Crediti immagini

  1. L’interno dello stabilimento Henraux di Querceta: un enorme portale di marmo, destinato a una moschea, ci accoglie appena arrivate
  2. Dall’alto a sinistra in senso orario:
    • il filo diamantato ritaglia una sagoma in un blocco di marmo
    • la graniglia ferrosa che serve per il taglio dei blocchi di granito, lavorati nello stesso stabilimento
    • una lastra di marmo già tagliata e lucidata
  3. Il paesaggio mozzafiato delle Apuane visto dalle Cervaiole, pochi metri sotto la vetta del picco di Falcovaia
  4. “la Cattedrale”: alzando lo sguardo ci si sente un po’ sovrastati da tanta grandezza!
  5. Ci addentriamo sulle vie di cava e si aprono scenari inconsueti
  6. Franco, la nostra guida alla cava delle Cervaiole

Foto: Caterina Chimenti, licenza Creative Commons

One thought on “Tra cielo e mare: le cave di marmo della Versilia

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