È stata lanciata pochi giorni fa la campagna di crowdfunding #TheFirstLast, una raccolta fondi per il restauro de l’“Ultima cena” dipinta intorno al 1570 da suor Plautilla Nelli, prima pittrice fiorentina della storia.
La campagna è voluta e organizzata da AWA – Advancing Women Artists Foundation, un’organizzazione no-profit americana che da anni si occupa della promozione dell’arte al femminile. La prima parte del restauro è già stata finanziata da AWA, ora l’obiettivo è raccogliere 65.000$ entro il 16 Aprile per completare la seconda fase. È possibile aderire alla campagna di crowdfunding tramite la pagina dedicata sulla piattaforma Indiegogo.
La campagna di crowdfunding #TheFirstLast
Non è un restauro come gli altri, quello dell’Ultima cena di suor Plautilla Nelli. Ci sono sicuramente quadri sullo stesso soggetto che probabilmente attirano maggiormente lo sguardo degli appassionati d’arte. Ma questo dipinto ha qualcosa di speciale: è la prima – e probabilmente unica – Ultima cena dipinta da una donna. Sì perché Plautilla non solo è la prima pittrice fiorentina conosciuta e riconosciuta come tale, ma anche la prima e l’unica ad aver dipinto questo soggetto. Da qui il titolo della campagna #TheFirstLast. Proprio oggi, 8 Marzo, sarà inaugurata agli Uffizi una mostra dedicata a questa straordinaria donna del Rinascimento.
L’opera
Il dipinto fu creato per il convento di Santa Caterina, di cui suor Plautilla Nelli faceva parte; nei secoli successivi il quadro fu poi spostato nel refettorio del convento di Santa Maria Novella. Le vicissitudini di questa tela sono molte, come accadde spesso per le opere custodite nei conventi. Nella maggior parte dei casi quando Napoleone chiuse gli istituti religiosi, queste opere furono spostate e accatastate in luoghi inadatti. Questo fu il destino dell’Ultima cena.
Eppure, anche se dimenticato per circa 400 anni, il quadro è giunto fino ad oggi. Le sue condizioni però non sono ottimali e necessita di un’accurato restauro.
La tela è già stata sottoposta a una prima fase di restauro; è stata infatti rimossa la spessa patina di lacca applicata in passato per preservare i colori. Ora quindi è possibile procedere con un intervento più mirato.
Il restauro
Questa ulteriore fase di restauro è necessaria per consolidare lo strato del colore. Inoltre il lavoro sulle parti mancanti permetterebbe una migliore leggibilità dell’opera. Infine è necessario un lavoro accurato per preservare il dipinto. Per fare questo AWA, ente al quale si devono anche i restauri di altre opere di suor Plautilla, ha lanciato la campagna di crowdfunding #TheFirstLast. L’obiettivo è abbastanza ambizioso: 65.000$ per un restauro che se finanziato si concluderà solo nel 2018. Come in ogni campagna di crowdfunding per ogni contributo sono previste delle “ricompense”, che vanno dalla possibilità di avere il proprio nome iscritto nella lista dei donatori, alla partecipazione ad eventi esclusivi.
Il restauro è affidato alle mani esperte di Rossela Lari, restauratrice che si è già occupata di opere di Plautilla. Qualche giorno fa Rossella ci ha aperto le porte del suo laboratorio per farci vedere da vicino il quadro in restauro.
Trovarsi in un lavoro di restauro fa sempre una certa impressione. A me è capitato varie volte, e ogni volta è un’emozione. Infatti in un laboratorio si può osservare un’opera da vicino, senza le barriere o distrazioni che ci sono nei musei. Inoltre negli spazi monumentali di alcuni musei per certe opere c’è un problema di proporzioni. Vedere invece questo quadro in uno spazio tutto sommato normale, come uno studio, lo fa sembrare ancora più gigantesco.
Il dipinto infatti è lungo circa 7m , con una superficie di 14m2. in altre parole, per darvi un’idea occupa un’intera stanza. Un stanza piuttosto grande. Ora, chiunque abbia una minima esperienza di disegno o pittura può immaginarsi la fatica, fisica, che serve per dipingere una superficie così grande. Per non parlare dell’esperienza necessaria per riprodurre personaggi quasi a grandezza naturale, con le giuste proporzioni.
Il soggetto dell’ultima cena e in generale le opere di questo formato erano ritenute impegnative da tutti gli artisti. Una sorta di banco di prova. Questa impresa è tanto più degna di nota se pensiamo che il quadro è stato dipinto da una donna; per essere precisi una donna del rinascimento, obbligata dal suo ruolo di suora di clausura a una vita sicuramente limitata, e che non immaginiamo abituata a sforzi fisici.
La storia di Plautilla Nelli
La storia di Plautilla è forse l’elemento più interessante di questa vicenda. Nata con il nome di Polissena, Plautilla prende il velo a soli 14 anni, seguendo la sorella Costanza nel convento domenicano di Santa Caterina. L’istituto religioso si trova vicinissimo al convento di San Marco, lo stesso dove aveva operato Fra’ Bartolomeo. Per noi fino ad alcuni anni fa Plautilla era una perfetta sconosciuta, ma di lei scrivono già le cronache antiche. Sappiamo dal Vasari, che addirittura la menziona ne le Vite, che era autodidatta; si era infatti formata copiando opere di altri maestri. Con tutta probabilità le opere che poteva vedere provenivano proprio della scuola di San Marco e dello stesso Fra’ Bartolomeo. Del frate fiorentino Plautilla erediterà alcuni disegni, grazie al lascito di Fra’ Paolino, allievo di Bartolomeo.
In effetti le opere di questa suora di clausura erano molto ammirate nella Firenze del ‘500. Nei registri del convento di Santa Caterina sono annotate le ingenti somme ricavate dalla vendita dei dipinti. La sua arte era tanto apprezzata che ben presto allestì una vera e propria bottega. Infatti altre consorelle la aiutavano nella realizzazione di alcune opere, tra le quali le riproduzioni dei quadri più venduti. Insomma una vera e propria “scuola” che continuerà almeno in parte il suo lavoro e ne tramanderà la memoria. Un successo che il Vasari riassumerà così:
E per le case de’ gentiluomini di Firenze tanti quadri [di Plautilla] che troppo sarei lungo a volere di tutti ragionare.
Quello che più mi ha colpito è il suo percorso di apprendistato. Nella Firenze del Concilio di Trento e delle prediche di Savonarola, le suore vivevano infatti una vita di clausura molto rigida.
Come nota secoli dopo un altro domenicano, non solo per una suora era impossibile studiare anatomia o osservare e ritrarre corpi nudi (o statue di nudo), ma molte altre attività che normalmente contribuiscono alla formazione di un artista erano assolutamente off limits.
“(..) sendochè, se non le era conceduto studiare, non dirò già il nudo, ma né eziandio le antiche statue e i dipinti dei più celebrati artefici, non avea ugualmente il modo di contemplare nell’ aperta campagna i moltìformi reflessi della luce;
e come questa mite e soave si mariti agli oggetti sul levare e sul tramontare del sole; come per forti e crude ombre e sbattimenti ne ingrandisca le masse nell’orror della notte, quando la luna, squarciando il seno alle nubi, ripercuote la pallida e mesta sua luce sull’universo. Né finalmente poteva far tesoro di quelle moltissime cognizioni volute dall’arie, che solo con la lettura de’ libri, con i lunghi viaggi, e l’usar di continuo con i cultori delle medesime, ponno acquistarsi.”(Vincenzo Fortunato Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani)
Orate pro pictora
In altre parole l’universo di Plautilla iniziava e finiva nel cortile del suo convento. Ma questo chiaramente non la scoraggiò, perché lo stesso cronista ci ricorda che “questa Monaca molto coraggiosamente, per non dire audacemente, si cimentò a quelle grandi e copiose composizioni”; quelle composizioni che, se non si fosse capito, “vogliono studio, ingegno ed arte grandissima.”
Insomma, sì, le opere di Plautilla erano forse limitate per la mancanza di possibilità di osservazione del reale. Ma la sua fama superò di gran lunga i confini del convento di via Larga. Lo stesso Vasari ritiene necessario dedicarle più di un paragrafo, e tra le altre cose ci dice quanto segue:
(…) suor Plautilla, monaca et oggi priora nel monasterio di S. Caterina da Siena in Fiorenza in sulla piazza di San Marco. La quale cominciando a poco a poco a disegnare et ad imitar coi colori quadri e pitture di maestri eccellenti ha con tanta diligenza condotte alcune cose, che ha fatto maravigliare gl’artefici. […]
E perché questa veneranda e virtuosa suora, inanzi che lavorasse tavole et opere d’importanza, attese a far di minio, sono di sua mano molti quadretti belli affatto in mano di diversi, dei quali non accade far menzione. Ma quelle cose di mano di costei sono migliori che ella ha ricavato da altri, nelle quali mostra che arebbe fatto cose maravigliose se, come fanno gl’uomini, avesse avuto commodo di studiare et attendere al disegno e ritrarre cose vive e naturali.
Nonostante tutto, non è il riconoscimento da parte degli uomini che fa la differenza nella storia di Plautilla. Quello che è veramente straordinario è che questa donna, attorno al 1570 può permettersi di firmare la sua opera. E non firma semplicemente con il suo nome.
Guardando con attenzione, in alto a sinistra dell’Ultima cena, Plautilla con una formula che la identifica come pittrice.
S. Plautilla – Orate pro pictora.
Sì proprio “pittrice” al femminile. Non una suora che dipinge – come la descrive Vasari – ma una pittrice. Per questo il restauro de l’Ultima cena di Plautilla Nelli è così importante. Molto più di un quadro, quest’opera è una parte importante della storia delle donne, da custodire e tramandare.