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Foto di Ho John Lee: http://www.flickr.com/photos/hjl/101443399/

chi viaggia detesta l’estate
l’estate appartiene al turista

I Mercanti di Liquore,
Il viaggiatore

Siamo in periodo di vacanze e come sempre assistiamo al bombardamento dei viaggi last minute e delle più increibili offerte di viaggi nei posti più esotici a prezzi veramente stracciati.

Come ogni anno mi chiedo: ma possono essere veramente chiamati “viaggi”? Insomma, una toccata e fuga in un paese che dista magari 6 oredi volo o 10 di autobus dall’Italia, organizzato in tappe forzate al seguito di una guida turistica, può legittimamente essere considerato un viaggio?

Vivendo a Firenze, uno di quei luoghi nel mondo dove durante la stagione estiva la densità di turisti per Km2 supera di gran lunga quella degli “indigeni”, mi trovo spesso a chiedermi cosa mai si porteranno a casa questi turisti della mia città, cosa avranno “capito” dello “stile di vita italiano” tanto pubblicizzato nei loro paesi d’origine. Calcolando che il turista medio sarà trascinato nei soliti posti da guide che ormai fanno il loro lavoro in modo automatico, esattamente come lo farebbe un impiegato delle poste; calcolamdo inoltre che mangerà spesso in luoghi convenzionati dove alla qualità si preferisce il margine di guadagno e dove un italiano non mangerebbe mai; calcolando tutto questo, un turista in visita a Firenze cosa vedrà mai della città e della sua gente? Assomiglia tanto agli italiani che si recano a Parigi per girare in un giorno solo il Louvre e il Musée d’orasay più una puntatina alla Tour Eiffel e sono convinti d’aver visto Parigi:

A costo di essere banale, il viaggio dovrebbe essere un’occasione di scoperta, il modo per conoscere almeno una delle località che si visitano, e molto spesso anche concentrandosi in un posto solo anche le canoniche due settimane o un mese di ferie dal lavoro non bastano nemmeno per scalfire la superficie di una cultura diversa.

Invece l’impressione è che il viaggio sia diventato un qualcosa che si pretende, anche se non siamo in grado di affrontarlo veramente, e alla fine lo si fa più per avere il timbro sul passaporto e per poter dire “ci sono stato” che per vedere veramente un posto e godersi ciò che ha da offrire.

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