Lo sapevi? I pulpiti di Pistoia sono una delle attrazioni artistiche della città. Infatti Pistoia è conosciuta anche come La città dei pulpiti. In epoca comunale questa città ha visto sorgere nelle sue chiese più importanti dei pulpiti di straordinaria bellezza. Simboli di un’epoca di grande fermento sociale, artistico ed economico, i pulpiti ancora oggi ci raccontano storie tutte da scoprire.

Ho avuto il piacere di scoprire i pulpiti pistoiesi in occasione di uno degli eventi organizzati per Pistoia Capitale Italiana della Cultura. L’argomento mi è sembrato talmente affascinante che ho pensato di approfondire la questione – anche grazie al bel catalogo di una mostra fotografica dedicata proprio ai pulpiti – e creare una guida ai pulpiti di Pistoia.
Se sei alla ricerca di un itinerario artistico tra le meraviglie medioevali di Pistoia, ecco quindi qualche spunto per visitare la città alla ricerca dei famosi pulpiti pistoiesi.
Pistoia città dei pulpiti
I pulpiti di Pistoia sono tutti realizzati nel ‘300, o più precisamente tra la fine del XII e la fine del XIV secolo, veri capolavori del romanico e del gotico toscano. Per la città questo periodo coincide con una fase cruciale della sua storia.
Ma come era Pistoia a quel tempo? Alla fine del ‘200, al culmine del periodo di massimo splendore ed espansione, si dice che esistessero in città circa 20 banchi di cambiavalute, un numero altissimo che testimonia la vivacità del commercio in questo libero comune.
Il ‘300 purtroppo terminerà con l’assoggettamento alla città di Firenze, ma nel frattempo la città vive un periodo di grande sviluppo. La grande quantità di denaro che circola tra le mura cittadine si traduce spesso in opere pubbliche tra le quali spiccano appunto i pulpiti di Pistoia che hanno reso famosa la città e che ancora oggi possiamo vedere all’interno di alcune tra le chiese più importanti.

le letture del Vangelo), San Bartolomeo in Pantano, Pistoia.
[Foto: Caterina Chimenti / Lonely Traveller]
Sorge spontaneo chiedersi: perché vengono commissionati i pulpiti e non altre opere? Per i cattolici del ‘300 il pulpito era un elemento importantissimo, forse il più importante.
Prima del concilio di Trento, infatti, il pulpito era l’unico punto di contatto tra clero e fedeli durante le celebrazioni, dato che altare e presbiterio all’epoca erano separati dal resto della chiesa. Officiante e clero erano quindi confinati nell’area del presbiterio, mentre i laici rimanevano nelle navate. Tra le due aree era eretta una pergula o un muro, simile alle iconostasi delle chiese ortodosse, o addirittura elementi decorati come il jubé delle chiese gotiche.
Il pulpito era accessibile dal presbiterio, ma sopraelevato rispetto a eventuali barriere, così alla fine della messa il sacerdote poteva “scavalcare” la barriera e rivolgersi finalmente ai fedeli per la predica e per le letture di passi del Vangelo salmi ed epistole. Il pulpito però illustrava anche in modo diretto ai fedeli – spesso analfabeti – i contenuti del Vangelo e faceva da supporto alle parole del predicatore.
I pulpiti di Pistoia: storie da leggere
Dopo il Concilio di Trento le chiese cambiano assetto: le barriere che separano presbiterio e navate vengono abbattute, e i pulpiti spostati, visto che l’officiante ora può rivolgersi ai fedeli dall’altare e coinvolgerli così nella liturgia. Per questo oggi il pulpito è percepito come un elemento decorativo, spesso situato in posizione defilata. Così ci appare ad esempio nelle chiese pistoiesi.
Anche i riferimenti che vediamo sui pulpiti oggi possono sembrarci curiosi e spesso non ci dicono molto. Eppure per i fedeli medievali avevano tutti un significato simbolico chiarissimo. I pulpiti infatti erano delle vere e proprie bibbie pauperum, le cui superfici erano sfruttate per raccontare le sacre scritture per mezzo di immagini a chi non sapeva leggere. Quindi i pulpiti raccontano una storia e vanno “letti” come faremmo con una graphic novel.
Le storie rappresentate sulla cassa sono quasi sempre episodi della vita del Cristo, e questo tema in realtà si estende a tutto il pulpito. La lettura infatti non deve limitarsi solo ai pannelli istoriati sulla sommità, ma inizia dalla base per procedere verso l’alto fino ai leggii.

[Foto: Caterina Chimenti / Lonely Traveller]
Cominciando la nostra lettura dal basso, notiamo che in genere il pulpito si regge su colonne sorrette da stilofori e sormontate da capitelli che sono essi stessi simboli. Le colonne infatti poggiano spesso su basi che raffigurano animali: quasi sempre il leone, che atterra una fiera o che allatta un cucciolo, immagini che nell’iconografia dell’arte romanica rimandano rispettivamente al Cristo che sconfigge il male e alla Chiesa che si prende cura del fedele.
Spesso il leone è accompagnato dagli altri animali come l’aquila o il grifone – altri simboli medievali che rimandano alla figura di Gesù – o da un telamone.
Salendo verso l’alto troviamo spesso il cosiddetto tetramorfo – sui capitelli o immediatamente sopra ad essi come angoli del pergamo – simbolo ricorrente nell’iconografia medievale. Anche i supporti per i due leggii raffigurano spesso simboli cristiani della tradizione medievale o paleocristiana, o comunque immagini che rimandano alla sconfitta del male tramite il Vangelo che vi stava appoggiato sopra.
Sulle formelle che decorano la cassa del pulpito troviamo le storie vere e proprie, quasi sempre scene che rappresentano episodi della vita di Gesù così come è raccontata nei Vangeli.
I pulpiti visibili a Pistoia sono cinque: uno è situato fuori dalle mura mentre gli altri sono tutti nel centro storico e quindi facilmente raggiungibili. Di seguito una breve descrizione in ordine cronologico, mentre in fondo al post troverete una mappa con tutte le chiese.
Pergamo di San Zeno,
Il pergamo di San Zeno è considerato il pulpito perduto del Duomo di Pistoia. Questo pulpito è sicuramente il più antico dei cinque pulpiti di Pistoia di cui ti parlerò in questo post. Attribuito al Maestro Guglielmo, fu costruito tra il 1162 e il 1166.
All’epoca Guglielmo aveva già realizzato il vecchio pulpito della Cattedrale di Pisa, che sarà portato a Cagliari – dove ancora oggi è visibile – per sostituirlo con quello di Giovanni Pisano. La presenza del maestro a Pistoia testimonia della volontà del libero comune di mantenersi alla pari, in termini di produzione e linguaggio artistico, con la vicina potenza marinara.
Nel ‘500 il pulpito di Guglielmo fu smembrato e il materiale in larga parte riutilizzato anche nella cattedrale stessa, anche se alcuni frammenti sono sicuramente andati perduti. Alla fine fu sostituito da un altro pulpito eseguito su disegno del Vasari, probabilmente più vicino alla sensibilità della Chiesa che sarebbe emersa dal Concilio di Trento. Il pergamo originale fu riscoperto solo in seguito e oggi è visibile in parte ricomposto nella cripta del Duomo.
Purtroppo sono solo due le lastre sopravvissute, che raffigurano rispettivamente la Visitazione e l’Ultima Cena sovrapposta alla Cattura di Gesù. Sono state recuperate solo in epoca recente, dato che erano state riutilizzate per la pavimentazione del presbiterio.
Pulpito di San Michele a Groppoli
Si tratta del pulpito integro più antico e risale alla fine del XII secolo (1193 circa). La piccola pieve di San Michele è un esempio di romanico pistoiese, e romanico è il suo pulpito, perfettamente inserito nel contesto architettonico dell’edificio. L’opera è attribuita alla scuola di Biduino, uno degli scultori attivi nel cantiere del Duomo di Pisa. Lo stile è semplice ma altamente evocativo, come è tipico dello stile romanico, e le scene affollatissime – come anche quelle superstiti del pergamo di San Zeno – sono probabilmente ispirate da modelli più antichi, forse addirittura dai sarcofagi romani.
Il pulpito di Groppoli, come da tradizione romanica, è di forma rettangolare e progettato per essere accostato alla parete, anche se si tratta di una struttura perfettamente autonoma. Si può ipotizzare che anche il pulpito perduto della Cattedrale seguisse lo stesso modello.
Il pulpito originale doveva essere più ampio, e probabilmente la ricollocazione e la riduzione delle dimensioni – oggi misura circa 60 cm in meno rispetto all’originale – hanno determinato una redistribuzione delle storie rappresentate sulla cassa. Quelle superstiti raffigurano la Visitazione, l’annuncio a Zaccaria, l’Annuncio ai pastori e la Fuga in Egitto.
Pulpito di San Bartolomeo in Pantano
Il Pulpito di San Bartolomeo è stato attribuito a Guido da Como (1239/1250) ed è uno dei gioielli della città. Di forma rettangolare, come era appunto tradizione per i pulpiti romanici, è decorato con figure che in realtà sono già proiettate nel gotico. Le sue figure ben staccate dal fondo e i loro gesti sono maggiormente espressivi rispetto alle figure tardo romaniche.

[Foto: Nicolò Begliomini courtesy of Giorgio Tesi Editrice]
Nell’insieme il pulpito veicola un’iconografia abbastanza classica: i due leoni alla base rappresentano rispettivamente la vittoria di Cristo sul male e la Chiesa che nutre i fedeli con la parola di Cristo – quella stessa parola enunciata dal pulpito. Sotto il leggio sinistro il tetramorfo, a sua volta sormontato dall’Aquila – simbolo di San Giovanni – schiaccia un volto demoniaco, per ribadire l’allegoria del Vangelo come unico elemento in grado di sconfiggere il Male. Le storie narrate riguardano le storie di Gesù prima e dopo la morte.
La configurazione del pulpito in questa forma è del 1976, ed è frutto di un lungo studio, anche se ad oggi non è ancora chiaro come si presentasse l’opera in origine.
Pulpito di San Giovanni Fuorcivitas
La chiesa di San Giovanni Evangelista, conosciuta anche come San Giovanni Fuorcivitas, ospita un bellissimo pulpito opera del domenicano Frà Guglielmo da Pisa (1270).
Allievo di Nicola Pisano, Frà Guglielmo realizza il suo pulpito facendo una scelta piuttosto particolare: decide infatti di creare uno sfondo per i suoi bassorilievi, usando vetro policromo e foglie d’oro, per far risaltare maggiormente le figure. Oggi questa decorazione è quasi totalmente scomparsa, ma se ne possono ancora cogliere dei frammenti.

Rispetto ai pulpiti precedenti qui le figure sono maggiormente realistiche e più staccate rispetto al fondo, particolarità che le fa emergere in modo tridimensionale.
Anche in questo caso il pulpito poggia su stilofori a forma di leone, ma la sua collocazione attuale è frutto di una scelta settecentesca.
In questa chiesa era originariamente conservata anche la Visitazione di Luca della Robbia (1445), e qui tornerà appena terminata la sua esposizione nella chiesa di San Leone (dove è visibile fino al 7 Gennaio 2018).
Pulpito della Chiesa di Sant’Andrea
Questo pulpito, opera di Giovanni Pisano, è il più recente dei cinque pulpiti di Pistoia descritti in questa pagina e risale al 1301. Il modello è quello già adottato in altre chiese e si pone come una vera e propria sintesi tra la ricchezza dei pulpiti realizzato dal padre di Giovanni, Nicola Pisano, nel Battistero di Pisa (1260) e nel Duomo di Siena (1268) e quello che lo stesso Giovanni realizzerà subito dopo per il Duomo di Pisa (1310), nel quale le forme rigide del gotico si addolciranno definitivamente in uno stile che sta già guardando ai secoli che verranno.
Il pulpito di Sant’Andrea si colloca esattamente a metà strada in questa evoluzione, con un una struttura ancora improntata al gotico di Nicola, ma che con Giovanni assume una fluidità e una vivacità nettamente superiori. Nel pulpito di Pisa la base poligonale si arrotonderà fino quasi a diventare un cerchio e le colonne si trasformeranno in telamoni e cariatidi; ma qui a Sant’Andrea il gotico è ancora ben presente e la base del pulpito è un esagono perfetto, sorretto da sette colonne.

[Foto: Nicolò Begliomini courtesy of Giorgio Tesi Editrice]
Le figure rappresentate sulla cassa hanno un’espressività non comune, che sembra già parlare un linguaggio diverso. Le fisionomie dei personaggi sono ben distinte e caratterizzate, e se ci si sofferma a guardare con attenzione tutte le scene l’effetto è coinvolgente oggi come allora. In particolare la scena che raffigura la della Strage degli Innocenti raggiunge livelli di pathos notevoli. Allo stesso modo i gesti della Madonna nella formella che ritrae la Visitazione e la Natività e l’Annuncio ai pastori in un’unica scena sovrapposta, sono talmente naturali da sembrare scene di vita comune – in particolare il gesto della donna che sembra saggiare la temperatura dell’acqua prima di fare il bagnetto al bambino è qualcosa di assolutamente inedito.
Un consiglio: le scene raffigurate su questo pulpito sono molto complesse e articolate e richiedono un po’ di tempo per essere ammirate e per coglierne tutti i particolari. Dato che l’illuminazione della chiesa è a pagamento – una soluzione che purtroppo si vede sempre più spesso nei luoghi di culto – ti consiglio di munirvi di spiccioli prima di entrare, altrimenti rischierete di vedere ben poco.